Testimonianze
La storia di Mauro Masciarelli raccontata da suo figlio
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Abbiamo scoperto solo oggi questa storia sul nostro guestbook che ultimamente funziona molto male abbiamo, il piacere di pubblicarla in questa sezione del sito.
Ho letto oggi (24.02.2011) casualmente la storia del Sig. Bortoluzzi Francesco narrata nel vostro sito. Incredibilmente la sua storia collima in modo quasi identico a quella di mio padre, che purtroppo non c\'è più, e vi racconto come.
Masciarelli Mauro, partigiano combattente della Divisione Osoppo, nome di battaglia PESS Mario, nato il 29.05.1921, durante la guerra carabiniere in servizio a Trieste.
30.11.1944 Viene catturato in combattimento dalle truppe tedesche in quel di Nimis durante un rastrellamento.
Recluso in un primo momento nel carcere di Tarcento viene tradotto nel carcere di Udine dal 12 dicembre 1944 a disposizione del Comando Tedesco SIPO.
11.01.1945 Deportato in germania dalla SIPO.
14.01.1945 Internato nel Campo di concentramento di Flossenburg matr. 41952.
29.01.1945 Trasferito al campo di concentramento di Hersbruck.
09.04.1945 Trasferito al campo di concentramento di Dachau. Papà dichiara di esservi arrivato in treno in quanto colpito da congelamento a mani e piedi ed impossibilitato a calzare scarpe.Per questo motivo si trovava ricoverato in ospedale da campo.
29.04.1945 Liberato dalle truppe americane. Anche lui mi raccontava sempre dei morti a causati delle razioni americane distribuite con troppa abbonanza.
E'incredibile come le storie coincidano. Non so come comunicare con il signor Bortoluzzi ma se fosse possibile vorrei chiedergli se ha conosciuto mio padre. Mio padre non mi ha mai raccontato molto dell\'esperienza passata nei campi di concentramento ed ho capito che preferiva non ricordare. E potete capire perchè. Al Signor Bortolussi,che abbraccio caramente, va comunque il mio più profondo attestato di stima e rispetto. Il suo sacrificio con quello di mio padre e di migliaia di ragazzi di allora ci hanno consegnato l\'Italia di oggi. Libera e democratica. Grazie!
Antonio Masciarelli
Testimonianza video di Mario Sverco
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Testimonianza raccolta durante il Treno della Memoria 2008 dai ragazzi.
Testimonianza video di Ljubo Susic
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Video realizzato da Genni Fabrizio nel mese di Gennaio 2010 all'interno del progetto Memoria e Impegno.
Testimonianza video di Riccardo Goruppi
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Video realizzato da Genni Fabrizio nel mese di Gennaio 2010 all'interno del progetto Memoria e Impegno.
Intervista video a Elsa Humar
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Intervista a Elsa Humar realizzata in sloveno dagli studenti dell'istituto superiore Gregorčič-Trubar di Gorizia sottotitolata in italiano.
Testimonianza video di Vilma Braini
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Testimonianza raccolta da Andrea Baradel, Cecilia Carrà, Giacomo Bortolossi, Anna Clemente, (ITA " G. Brignoli", Gradisca d'Isonzo) Treno della Memoria 2009.
Testimonianza orale della signora Elvia Bergamasco, ex-deportata
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dei partecipanti dell' I.S.I.S. "V. Manzini", San Daniele de Friuli (UD), Treno della Memoria 2008.
Ecco di seguito ciò che ha raccontato la Signora Elvia Bergamasco nella sua testimonianza a Manzano (UD).
La Signora, nata a Manzano, quando diciassettenne é stata deportata, lavorava in una fabbrica di munizioni. Una notte ha ricevuto la visita di un uomo che le ha chiesto di recapitare una lettera ad un suo amico a Cormons, vicino al confine fra Italia e Slovenia.
La Signora ha accettato e ha scoperto successivamente che la lettera, apparentemente d'amore, conteneva in realtà un messaggio criptato di partigiani. E’ quindi stata arrestata e deportata con l'accusa di antifascismo.
Una mattina é arrivata sul luogo di lavoro una jeep delle SS che le hanno chiesto di seguirla e l'hanno condotta fino a Cormons in una caserma militare dove ha trovato sei persone conosciute di vista nel paese (qualcuno era sposato, qualcuno giovane, altri meno).
Alcuni di questi invece erano stati radunati con un imbroglio (la frase più usata poiché molto efficace era “tua madre sta per morire”) e poi condotti nella piazza di Manzano, dove li attendevano altri soldati.
Testimonianza di Marija Poje
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a cura di: Boris Mario Gombač
Ecco un etstratto dell'articolo:
Una sopravvissuta, Marija Poje, che oggi ha 84 anni e vive a Podpreska vicino a Draga, nelle vicinanze di Loski potok, e che trascorse 5 mesi infernali al campo di Rab - Arbe con il suo bambino, ricorda così il trasferimento a Gonars:
“In una mattina fredda e piovosa di dicembre ci hanno fatti salire su una nave stracolma che avrebbe dovuto trasportarci... non si sapeva dove.
Quel giorno fuori dal porto si vedevano le onde alte e burrascose. La stiva era stipata da tantissima gente, però qualcuno ebbe pena di me e del mio bambino e ci fece sedere nella stiva riparati dalla pioggia e dall'acqua di mare. Giungemmo a Fiume la mattina seguente, infreddoliti e affamati. Ci diedero una tazza di caffè e un pezzo di pane, prima di farci salire sul treno che ci trasportò fino a Palmanova. Poi con dei camion venimmo trasportati al campo di concentramento di Gonars dove ci misero nelle baracche. Per noi era una meraviglia sentire la pioggia e rimanere asciutti, perché a Rab, se pioveva, anche stando nelle tende eravamo tutti bagnati. Ci portarono poi in infermeria per disinfestare i nostri vestiti dai pidocchi e farci fare la doccia. Chiesi a qualcuno che stava lì dove dovevo posare il mio bambino prima di entrare nel reparto docce e mi dissero di posarlo su un mucchio di stracci per quel po' di tempo. Ma appena entrata nello stanzone qualcosa mi fece uscire per vedere se il mio bambino fosse sempre lì. Mi si strinse il cuore, quando vidi che non c' era più. L'inserviente alla fornace a vapore dove passavano i vestiti per disinfestarli dai pidocchi aveva preso il mucchio dove avevo posato il bambino gettandolo nella stufa. Per fortuna non l'aveva ancora attivata e un gemito si sentì proprio in quella direzione. Corsi verso quella stufa a vapore come una matta riprendendomi il mio bambino. Mia suocera mi aiutò molto, asciugando i pannolini bagnati sulla schiena. Ma alla fine questo bambino non sopravvisse e non sopravvisse neppure mia suocera e neanche il bambino che dovevo ancora partorire”.
Le storie di Stanka e Maria
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Quei lager rimossi di casa nostra
di Andrea Giuseppini
su Il Manifesto del 28/01/2006
Un documentario sonoro sulla deportazione dei rom e sinti nei campi di concentramento fascisti nel Friuli Venezia Giulia durante la seconda guerra mondiale.
Da alcuni anni, il 27 gennaio - giorno in cui nel 1945 l'Armata rossa entrò nel campo di sterminio di Auschwitz liberando i prigionieri superstiti - in molti paesi del mondo si ricorda la Shoah. Il Giorno della memoria ha assunto nel tempo un valore universale di denuncia dei crimini compiuti e di ricordo delle vittime. Grazie al lavoro di alcuni storici, negli ultimi decenni si è cominciato a parlare anche dei campi di concentramento fascisti per internati militari e civili sloveni e croati. Gonars, Arbe, Visco, Monigo, Chiesanuova, Renicci, Ellera, Colfiorito, Pietrafitta, Tavernelle, Cairo Montenotte sono i luoghi, spesso sconosciuti, della deportazione fascista seguita all'aggressione della Jugoslavia e all'annessione della cosiddetta provincia di Ljubljana. Una deportazione che ha riguardato un numero molto alto di persone. Uno studio jugoslavo del 1982 ha fornito la cifra di 109.437 internati nei campi fascisti. Dalle pieghe di questa storia emergono ancora oggi delle singolari e sofferte vicende umane, come quella di Stanka, un'anziana donna rom slovena.
I bambini sloveni nei campi di concentramento italiani
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"Il tema dei bambini vittime della guerra non è stato ancora esplorato a fondo. Benché nella retorica quotidiana i giovani assumano il valore di simbolo del futuro, ben poco in verità, si è indagato sulla loro condizione e sulla loro sorte in una guerra senza quartiere, come la seconda guerra mondiale. Il diario di Anna Frank ha forse consentito a molti di intuire di che cosa nazismo e fascismo sono stati capaci contro i bambini, ma, come si può evincere dalla storia qui raccontata, quello di Anna fu soltanto un tassello di una tragedia molto più vasta."
“Io sono senza padre. È stato fucilato dagli Italiani. Un giorno sono entrati nel mio paese. Ci hanno fatto uscire dalla casa. Tutti piangevamo disperati ma mia mamma era quella che forse piangeva di più. Hanno preso e rinchiuso mio padre. Con lui hanno portato via tanti altri uomini. Poi ci hanno fatti andare in fila verso il paese di Zamost dove hanno fucilato dodici uomini. Tra questi c´era anche mio padre. Quando lo abbiamo saputo abbiamo pianto tanto. Poi hanno bruciato la nostra casa e ci hanno portati verso l´internamento”.
Testimonianze sonore dal sito Lager e Deportazione.
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fonte segnalata dagli alunni delle classi 4AT, 4AE, 4AS, dell'istituto Cossar Gorizia, Treno della Memoria 2008
A questo indirizzo possono essere lette ed ascoltate le testimonianze dei deportati del Friuli Venezia Giulia.
Testimonianza di Francesco Bortoluzzi
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dei partecipanti dell' I.S.I.S. "V. Manzini", San Daniele de Friuli (UD), Treno della Memoria 2008
Quello che vorresti dimenticare ti accompagna per sempre.
Luogo: Majano
Quando: 1944-1945, periodo Seconda Guerra Mondiale, NAZISMO
Tipo di ricerca: RIELABORAZIONE TESTIMONIANZE EX-DEPORTATI
Fonte: Fascicolo “LA MIA STORIA DOPO ANNI DI SILENZIO” del Signor Francesco Bortoluzzi
Descrizione: Abbiamo raccolto la testimonianza di un superstite dei campi di sterminio nazisti, il Signor Francesco Bortoluzzi.
Ecco di seguito una rielaborazione della testimonianza del Signor Bortoluzzi tratta dal fascicolo “LA MIA STORIA DOPO ANNI DI SILENZIO”.
Le testimonianze di Gasparini e Zanuttin
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di Federico Movia, Federico Zimolo, Davide Bressan, Gabriele Pierro, Stefania Monorchio, Giulia Boscarol, Davide Cunial, Denis Ferrara, Davide Jhonny Spiga, Giulia Soravia, Piergiorgio Grundner, Lucrezia Bogaro, gruppo AGESCI Gradisca1, Clan la fenice, Treno della Memoria 2008.
LEOPOLDO GASPARINI
Nato a Gradisca (Gorizia) il 21 gennaio 1894, morto a Gradisca l’8 gennaio 1969, impiegato.
Militante socialista, al Congresso di Livorno fu tra i fondatori del Partito comunista. Nominato segretario della Federazione comunista della Venezia Giulia, Gasparini nel 1922 divenne membro del Comitato centrale del partito. All’indomani dell’andata al potere del fascismo, fu licenziato dall’impiego, aggredito a più riprese dagli squadristi e gravemente ferito.
Testimonianza della sorella di Hlede Felicita: Hlede Paola
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di SZSO gruppo scout sloveno: Lucrezia Bogaro, Alenka Špacapan, Simon Peter Leban, Aleksij Ferlez, Treno della Memoria 2008
Mia sorella, Hlede Felicita, è nata il 5 marzo del 1923 a San Floriano (GO). Era più giovane di me di me di un anno. Ragazza molto laboriosa, all’ età di quindici anni iniziò a lavorare come aiutante di una sarta di via Carducci. Un giorno, precisamente il 30 maggio 1944, stava andando a lavorare, quando due pattuglie di soldati bloccarono la via e ordinarono a tutte le persone in strada, di salire su un camion, quel camion che portò tutti in stazione, da dove partirono pensando di andare a lavorare in Polonia. Noi, la famiglia, venimmo avvisati della partenza due giorni dopo, da un gendarme della polizia, che ci assicurò che mia sorella stava lavorando in una fabbrica tedesca; purtroppo non era così..