Migranti

2 Novembre 2012, un altro episodio di violenza al CIE di Gradisca

cie-gradiscaUn altro episodio di violenza al CIE di Gradisca d’Isonzo. Il 2 novembre, denunciano i familiari di alcuni detenuti, durante la tentata fuga di tre persone dal centro una squadra di poliziotti avrebbe manganellato indistintamente un piccolo gruppo di migranti che sostava nell’area dei distributoriautomatici del caffè, stavolta colpevoli di non rispettare l’ordine di rientrare tutti nelle proprie stanze vista la situazione di “emergenza” in corso.

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L'ennesima rivolta al Cie di Gradisca, ora i migranti dormiranno senza materassi.

cie di gradisca d'isonzo prigioneImmigrati: rivolta a centro Cie di Gradisca, 5 riescono a fuggire
 
22:00 19 FEB 2013
 
(AGI) - Trieste, 19 feb. - Rivolta al Cie di Gradisca d'Isonzo (Gorizia): cinque ospiti della struttura, immigrati maghrebini armati di spranghe, sono riusciti a fuggire. Il fatto - come reso noto dal sindacato autonomo di polizia - e' avvenuto al culmine di una rivolta, nella notte tra domenica e lunedi'. A tentare la fuga sono stati complessivamente una trentina di clandestini detenuti nel centro, che con l'ausilio di armi improprie hanno affrontato il personale di vigilanza. Secondo quanto si e' appreso, gli immigrati sono usciti dalle aree di pertinenza utilizzando un mazzo di chiavi, sul cui possesso da parte dei detenuti sono in corso indagini. Nella serata di ieri gli immigrati hanno dato fuoco a suppellettili e materassi, nel tentativo di danneggiare le camere con l'obiettivo di innescare una nuova rivolta. A seguito di quest'ultimo episodio, e' stato deciso di rimuovere i materassi dalle camere dove si trovano gli immigrati. Molto critico il sindacato che denuncia la "mancata risoluzione dei problemi legati al Cie di Gradisca da parte della Questura, chiedendo l'individuazione di un funzionario che si occupi unicamente della gestione della struttura". (AGI) .

Ingresso al CIE del 15 ottobre 2012

Il 15 ottobre 2012 una delegazione composta da amministratori locali, deputati, giornalisti e dai referenti della campagna LasciateCIEntrare e dell'associazione Tenda per la Pace e i Diritti ha effettuato un ingresso collettivo al CIE di Gradisca d'Isonzo (Go), ormai generalmente riconosciuto come “uno dei peggiori CIE d'Italia”. Quello che abbiamo visto purtroppo non è nuovo né meno grave di quanto non ci aspettassimo: al momento vi sono 66 detenuti all'interno del centro (inutile, come ha ricordato l'Onorevole Sarubbi, presente alla visita, chiamarli “ospiti”), la maggior parte dei quali, ci è stato confermato dal medico del consorzio Connecting People che ha in gestione la struttura, fa uso quotidianamente di psicofarmaci. Quello più utilizzato è il Rivotril, farmaco a basso costo dalle proprietà ansiolitiche e sedative, che secondo lo stesso medico verrebbe richiesto proprio dai detenuti per “far passare i giorni più velocemente”: con il risultato, denunciano questi, che in molti sviluppano dipendenza e vivono una condizione di costante assenza e spaesamento. L'abuso della somministrazione di psicofarmaci è già stato precedentemente denunciato da Tenda per la Pace e i Diritti, ricordiamo la storia di Radouane, il detenuto che quest'estate si è fratturato entrambi i talloni durante un tentativo di fuga saltando da un'altezza considerevole: egli stesso aveva riconosciuto che, se non fosse stato sotto l'effetto di farmaci, non avrebbe mai saltato.

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Audio Cie Gradisca 17 luglio

Scarica l'audio di Radio Blackout del 17 luglio al Cie di Gradisca cliccando qui (tasto destro, salva con nome) riportato dal blog Macerie http://www.autistici.org/macerie/?p=27845

Pestaggi al cie di Gradisca. Un video documenta le violenze

dal blog Fortress Europe

GRADISCA D'ISONZO (GORIZIA) - Finalmente cattivi. Qualcuno deve aver preso sul serio le parole del ministro Maroni. E le ha applicate alla lettera. Almeno a giudicare dal numero di ematomi che si possono contare sui corpi degli immigrati detenuti nel centro di identificazione e espulsione (Cie) di Gradisca d’Isonzo. Siamo in provincia di Gorizia, a due passi dalla frontiera slovena. I fatti risalgono a lunedì scorso, 21 settembre. Ma le prove sono arrivate soltanto ieri. Si tratta di un video girato di nascosto all'interno del Cie e diffuso su Youtube.

Clicca qui per leggere tutto l'articolo sul blog Fortresse Europe

Cie: diritti umani negati, fallita la “politica della sicurezza”

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Concluso a Gradisca d’Isonzo il seminario di approfondimento sul tema.


Luoghi che cambiano totalmente la vita delle persone, il modo di pensare, il modo di camminare. I Cie sono questo. Ma non solo: nei Cie si sta peggio che nelle carceri. A dirlo la Commissione dei diritti umani per il Senato dopo la visita alla struttura di Torino nell’aprile scorso. Eppure il dato non sembra aver avuto molta risonanza. Né è servito ad avviare un dibattito politico di un certo peso, capace di mettere in discussione un sistema, quello delle politiche migratorie, che va avanti a colpi di circolari ed ordinanze per la modifica di grovigli legislativi spesso contraddittori.
Questi e molti altri i contenuti emersi nella giornata di sabato 6 maggio a Gradisca d’Isonzo, all’interno del seminario “Cie e Cara: come comunicare nonostante i muri”, giornata di approfondimento dedicata a giornalisti, avvocati ed associazioni organizzata dal comitato LasciateCIEntrare, dall’associazione Tenda per la Pace e i Diritti e dal progetto Melting Pot, in collaborazione con l’Assostampa FVG. L’obiettivo, informare e sensibilizzare gli addetti ai lavori su un tema che, vista la complessità, proprio per questo viene facilmente manipolato. “È nei tempi di crisi che bisogna accentuare la vigilanza sui diritti”, il commento introduttivo di Giovanni Battista Martellozzo, Segretario Assostampa Fvg, a inizio lavori.

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Intervista a don Paolo Zuttion, direttore della Caritas di Gorizia

I diritti negati: indagine sul territorio goriziano.

Foto don Paolo Zuttion caritasDopo l’esperienza del “Treno della memoria” ci siamo lasciati con un “ il nostro impegno continua…”. Perciò abbiamo deciso di incontrare il direttore della Caritas diocesana di Gorizia, Don Paolo Zuttion e alcuni ospiti della struttura da lui gestita. Ci eravamo preparati e avevamo steso una scaletta di domande, ma la disponibilità di Don Paolo e l’intensità dei racconti dei giovani che abbiamo incontrato ci hanno portato su un’altra strada. Le domande si sono susseguite dirette più che altro dagli stimoli che stavamo ricevendo e dalle emozioni che stavamo provando.
Le due ore trascorse lunedì 20 aprile alla sede della Caritas di via Vittorio Veneto, 74 ci hanno messo di fronte ad una realtà molto più complessa di quanto avremmo mai potuto pensare. Dietro alla bella facciata dipinta di rosa abbiamo trovato un mondo di sogni, di speranze, ma anche di tante delusioni e tristezza.
Dell’incontro con Don Paolo abbiamo deciso di dare un resoconto dettagliato allegando un file audio che potete comodamente ascoltare.
Qui di seguito vi forniamo alcuni dati che fotografano la situazione attuale:

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Il CARA di Mineo vergogna italiana

aggiornamento del 15 dicembre 2011 di Antonio Mazzeo

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Il villaggio degli aranci di Mineo (Ct), il mega-centro di semidetenzione per richiedenti asilo e migranti, a quasi un anno dalla sua istituzione, testimonia il completo fallimento del modello di “solidarietà” securitaria del governo Berlusconi-Maroni. È il “non luogo” dove si consuma la spersonalizzazione, dove l’ospite-recluso si “sente atopos, fuori posto, né cittadino né straniero, collocato in un luogo bastardo al confine tra l’essere e il non-essere sociale”. Il CARA di Mineo, isolato ed isolante, è “l’antitesi dell’integrazione e mina la sicurezza del territorio animando scontri e tensioni fra comunità”. A sancire l’ennesima bocciatura del centro di “accoglienza” in cui sono stati deportati manu militari quasi duemila cittadini stranieri presenti in Italia da tempi remotissimi, è il rapporto del Comitato territoriale dell’ARCI di Catania consegnato ad una delegazione di europarlamentari in visita ai lager per migranti della Sicilia.



“Gli ospiti presenti all’interno del centro di Mineo non hanno alcun rapporto con il territorio sia per la conformazione del luogo, ma soprattutto perché non sono stati predisposti gli strumenti necessari a favorire l’integrazione”, denuncia l’avvocato Francesco Auricchiella, responsabile immigrazione dell’ARCI di Catania. “Essi continuano a vivere ai margini, in uno stato di assoluto isolamento culturale e sociale in aperto dispregio di quanto previsto dall’art. 3 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo”.

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