Condizioni strutturalmente critiche - analisi del CIE di Gradisca dopo la visita del senatore Manconi
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- Published on Friday, 13 September 2013 10:36
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Al termine della visita del 10 settembre 2013 al CIE di Gradisca d'Isonzo (Go), a cui ha partecipato anche Tenda per la Pace e i Diritti, il senatore Manconi, presidente della Commissione straordinaria al Senato per la tutela e la promozione dei Diritti Umani, ha definito l'intero sistema CIE “gravemente deficitario, inutilmente dispendioso e, soprattutto, gravemente critico rispetto alla tutela dei diritti umani”. Ha poi aggiunto che quello di Gradisca presenta “condizioni più critiche di altri CIE visitati”.
Nella conferenza stampa conclusiva ha poi ricordato come, nell'analisi di quanto sta accadendo, non si possa prescindere dal fatto che una persona si trova in coma dopo essere caduto dal tetto del CIE, il ricordarlo, ha detto, “non è una questione umanitaria, ma istituzionale, perchè quella è una struttura dello Stato” ha poi aggiunto che se si fosse trattato di un italiano sapremmo tutto di quella vita quasi spenta o quantomeno il suo nome, invece, trattandosi “di altro diverso da noi” non si sa neppure quello.
Majid. Si chiama Majid e non è più in coma farmacologico, ma in coma per il trauma ricevuto alla testa. I medici non si pronunciano sul suo futuro, su quanto tempo potrebbe stare in coma, se e come potrebbe uscirne. I famigliari ci raccontano che non è stato in carcere a Bergamo, come invece era scritto sui giornali nei giorni successivi l'incidente, aveva sì avuto un processo, ma ne era uscito assolto. Majid viene descritto come un ragazzo buono e molto forte. “È per questo che non è morto” dicono. Raccontano di quando per puro piacere e sfida personale ha percorso diversi chilomentri a nuoto per attraversare il lago del suo paese in Marocco.
Oppure di quando, durante un pic-nic, il tappo del termos del tè è caduto nel bacino idrico e lui ha provato e riprovato, finchè non è riuscito a recuperarlo, in apnea, a 22 metri di profondità.
Ha ragione il senatore Manconi, è una questione istituzionale, ma ancora una volta le istituzioni non giocano a favore di Majid perchè abbiamo dovuto minacciare denunce per far riconoscere il diritto dei cugini, come famigliari più stretti presenti in Italia, a ricevere informazioni.
E quando, pochi giorni fa, siamo andate in ospedale per parlargli e fargli ascoltare un po' di musica, i medici del reparto ci hanno chiesto se avevamo l'autorizzazione della direzione sanitaria per stare lì, perchè questo è un “caso riservato” e ci hanno preso nome e cognome.
Identificate! Già, come al CIE.
“Gravemente deficitario”
Il CIE di Gradisca è deficitario su moltissime cose, è il Cie delle mancanze, del “non c'è”, ma proviamo qui ad analizzarlo dal punto di vista dell'inefficienza rispetto al suo scopo dichiarato: l'identificazione e l'espulsione di chi non è in regola con il permesso di soggiorno.
Sono 43 le persone che in questo momento sono trattenute all'interno del CIE di Gradisca d'Isonzo (GO), a fronte di una capienza massima iniziale di 248 posti, ridotti ora a 68.
30 su 43 persone hanno fatto richiesta di Rimpatrio Assistito Volontario, cioè essi stessi chiedono di essere rimandati nel loro paese di origine.
Ciononostante il tempo di trattenimento medio all'interno del centro è di 175 giorni (circa 6 mesi), a fornire questi dati è il funzionario della Questura che accompagna la delegazione guidata dal senatore Luigi Manconi.
Report del vertice sulla situazione del CIE di Gradisca del 23 agosto
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- Published on Saturday, 24 August 2013 18:43
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Si è svolto oggi il vertice istituzionale al comune di Gradisca sulla situazione del CIE. Presenti deputati del Friuli Venezia Giulia, consiglieri e assessori regionali e alcuni rappresentanti della Provincia di Gorizia.
Grande assente la società civile, in un momento in cui va a questa il riconoscimento di aver sempre mantenuto attiva l'attenzione su questi luoghi per troppo tempo dimenticati dalla politica. Società civile che, spiace essere autoreferenziali, forse dimostra di avere più competenza e voce in capitolo rispetto ad un tema su cui continua ad esserci enorme confusione e grande impreparazione. Viene concesso a due di noi di entrare e proviamo a prendere la parola alla fine degli interventi ma la stessa Serracchiani ci informa che ci incontrerà in un altro momento, e che questo è un vertice istituzionale, la nostra presenza è prevista solo come uditori.
Una chiusura incomprensibile, in un momento in cui è evidente che solo una convergenza di diverse forze- e conoscenze- può portare a raggiungere l'obiettivo, che è quello di chiudere il CIE di Gradisca. Al Prefetto di Gorizia invece, lo sottolineano molti dei presenti, vanno i ringraziamenti per la sua presenza costante e collaborativa anche con il Comune di Gradisca.
Presenti che evidentemente non sono a conoscenza dell'esistenza di regolamenti che la Prefetto era tenuta ad applicare (come la norma ormai nota a tutti che prevede l'accesso alla comunicazione con l'esterno di tutti i detenuti anche tramite i telefoni cellulari, inapplicata per quasi due anni a Gradisca sulla base di una sua decisione totalmente arbitraria), e neanche del fatto che sempre alla Prefettura spetta anche la gestione dell'ordine pubblico (ricordiamo che a Gradisca sono stati lanciati dei lacrimogeni CS all'interno delle gabbie in cui sono recluse delle persone non più tardi di due settimane fa). L'onorevole Pellegrino ricorda di essere entrata al CIE la prima volta in seguito alla denuncia da parte dei migranti di essere stati oggetto di pestaggi e lanci di lacrimogeni durante la notte del Bajram (una delle più importanti festività nel calendario islamico), ma l'onorevole Brandolin ribadisce la totale solidarietà alle forze dell'ordine.
Salvo qualche confusa eccezione, gli interventi dei presenti vanno tutti nella direzione di una possibile chiusura del CIE, “la situazione è al momento ingestibile” osserva all'inizio la Presidente Serracchiani, che chiederà insieme al Sindaco di Gradisca un intervento del governo proprio per verificare se questa chiusura sia davvero possibile. C'è chi, tra i parlamentari, non manca di riportare opinioni confuse che rispecchiano come anni e anni di voluta criminalizzazione della figura del migrante abbiano raggiunto il loro risultato: “all'interno del CIE l'85% delle persone ha commesso reati gravi, non pensate di trovarvi davanti a degli angioletti.” Per fortuna c'è chi gli ricorda che i diritti umani prescindono dal giudizio morale e personale, al di là del fatto che queste percentuali risultano essere poco veritiere.
Nessuno ricorda però all'Onorevole Brandolin che la direttiva ministeriale Mastella del 2007 prevede l'identificazione del migrante soggetto a provvedimenti di custodia cautelare direttamente in carcere, e che quindi la presenza di ex detenuti al CIE è estremamente grave dal punto di vista dell'applicazione della legge. I parlamentari stigmatizzano la situazione politica attuale per cui, nonostante il governo esista, pare stia per cadere da un momento all'altro e quindi abrogare o almeno rivedere la Bossi- Fini è impossibile.
Della nota che ASGI ha inviato a diversi assessori regionali (tra cui l'assessore alla salute) sulle competenze regionali rispetto al controllo della situazione sanitaria all'interno del CIE, pare essersi persa la traccia. L'impressione che questo vertice lascia alle orecchie di chi ha potuto ascoltare è che ci sia una volontà politica di agire, ma manchi in gran parte la consapevolezza delle proprie competenze e anche - purtroppo- degli appigli che il diritto offre per muoversi verso la chiusura.
La rigida divisione tra politica e società civile che nel 2013 dovrebbe essere perlomeno superata – si legga un qualsiasi paper universitario sul ruolo dello Stato nella gestione delle politiche migratorie e si troverà facilmente esplicitata la consapevolezza che esso non può più essere l'unico attore in grado di intervenire in questo senso - si è riproposta oggi in maniera preoccupante.
Auspichiamo che l'incontro promesso dalla Presidente Serracchiani possa avvenire quanto prima e non sia solo un pro-forma per evitare contestazioni. In Emilia Romagna, negli ultimi mesi, un percorso che ha visto coinvolte diverse soggetti, istituzionali e non, ha portato alle chiusure - temporanee, ma è già un inizio - dei CIE di Modena e Bologna.
Non è pensabile che una mobilitazione simile non ci sia anche in Friuli Venezia Giulia, con l'auspicio che ciò avvenga parallelamente ad un'assunzione di responsabilità da parte di chi ha voluto esasperare volutamente la situazione del CIE di Gradisca e ad un pubblico riconoscimento del fatto che ciò è accaduto - e continua ad accadere- anche da parte delle istituzioni locali.
Tenda per la Pace e i Diritti
CIE di Gradisca, ennesima protesta dei detenuti
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- Published on Monday, 12 August 2013 12:32
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Sono circa le 21.30 del 12 agosto 2013 al CIE di Gradisca d'Isonzo (Go). Poco più di ventiquattr'ore fa l'Onorevole Pellegrino (SEL) ha effettuato una visita a sorpresa alla struttura per verificare i fatti della notte di giovedì 8 agosto (in cui cadeva la fine del Ramadan), in cui ci sarebbero stati degli scontri tra migranti e forze dell'ordine con lancio di lacrimogeni nei cortili interni delle camerate.
Motivo degli scontri il rifiuto dei detenuti di fare rientro nelle proprie stanze (stanze che si affacciano su cortili “protetti” da vetri antisfondamento ai lati e da una grata di ferro nella parte superiore) per festeggiare la fine del Ramadan e godere della frescura notturna, date le elevate temperature interne delle camerate (“aerate” dall'apertura di piccole finestrelle).
Queste le parole dell'Onorevole Pellegrino dopo la visita di sabato: “I detenuti , visto il caldo torrido di questo periodo e le condizioni bestiali in cui sono rinchiusi normalmente, hanno chiesto di poter stazionare nelle aree aperte anche al termine del Ramadan. Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: le forze dell’ordine in assetto anti sommossa hanno cominciato a lanciare lacrimogeni e ad usare i manganelli. Alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male , non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas; ne è seguita una violenta colluttazione. “
Nonostante questa denuncia, ieri sera la scena si è sostanzialmente ripetuta: dal pomeriggio quattro detenuti erano saliti sul tetto per protestare contro la situazione di totale repressione che si respira all'interno del centro: dal 2011 persiste il divieto di possedere i cellulari, provvedimento d'urgenza prorogato modificando il regolamento interno della struttura (che invece ne consente il possesso, come avviene in tutti i CIE d'Italia), i detenuti non possono uscire dai cortili-gabbia su cui si affacciano le camerate in cui dormono dalle 8 alle 10 persone se non a gruppi di due o tre, la mensa non è accessibile per evitare assembramenti (e potenziali rivolte), ad ogni tentativo di protesta la risposta rimane unicamente l'uso della forza. Con il calare della sera la situazione è degenerata, in molti si sono uniti alla protesta dei quattro (tra le venti e le trenta persone e il centro attualmente ne ospita 67), che si è fatta ancora più forte quando è partito il lancio di lacrimogeni (ben udibile anche al di fuori della struttura).
In pochi minuti al centro hanno fatto ingresso diverse camionette dei carabinieri e della polizia, un pullman dell'esercito e una camionetta dei vigili del fuoco. Chi si trovava al di fuori ha prontamente allertato il 118 (sapendo che all'interno ci sono almeno due persone con documentati problemi d'asma), che si è rifiutato di intervenire perchè la richiesta non proveniva dall'interno. Solo l'intervento telefonico dell'Onorevole Pellegrino sulla Questura di Gorizia ha sbloccato la situazione e in pochi minuti anche un'ambulanza ha avuto accesso al centro.
Consapevoli dell'interessamento della parlamentare, i detenuti si sono detti disponibili a trattare con le forze dell'ordine per scendere dal tetto, chiedendo che venisse rimosso il divieto di possedere i telefoni e che venisse ripristinato il diritto d'accesso agli altri spazi della struttura.
In molti inoltre hanno chiesto di essere trasferiti ad altri CIE, dove le procedure di identificazione (ed espulsione) sono più rapide e non si arriva a scontare una detenzione di 18 mesi: “vogliamo tornare a casa nostra, rimandateci nei nostri paesi”. Tante richieste, che da una parte evidenziano come la gestione della struttura da parte della Prefettura di Gorizia sia (volutamente?) esasperante ed oppressiva in un contesto già certamente non facile, e dall'altra mettono in luce il malfunzionamento di un sistema che continua a rivelarsi fallimentare: per stessa ammissione del sindacato di polizia Sap (in una nota di qualche settimana fa) se l'identificazione non avviene entro 60 giorni dalla detenzione è difficile che si ottenga successivamente, quindi a che pro mantenere il limite massimo dei 18 mesi? I detenuti si chiedono inoltre perchè chi ha già scontato una pena carceraria debba essere soggetto anche alla detenzione amministrativa, quando sarebbe molto più facile ( e meno dispendioso) avviare la procedura di identificazione dal carcere?
Nonostante l'arrivo, verso le due di notte, dell'Onorevole Pellegrino che ha cercato di trovare una mediazione per far scendere i detenuti dal tetto e far ottenere loro alcune delle concessioni richieste, la situazione è in questo momento in fase di stallo: già stanotte un responsabile del Viminale è stato allertato della situazione, ma per ora sembra che il Prefetto di Gorizia non si sia ancora reso disponibile a trattare.
I detenuti hanno passato sul tetto e si trovano ancora là, stremati ma determinati a ottenere ciò a cui hanno diritto.
Video di stanotte:
Camere a GAS - CIE di Gradisca
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- Published on Monday, 12 August 2013 12:30
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Il 10 agosto 2013 l'Onorevole Serena Pellegrino (SEL) ha effettuato una visita al CIE di Gradisca d'Isonzo (Go), accompagnata da Matteo Negrari (Assessore del Comune di Staranzano) e Galadriel Ravelli (Presidente dell'Associazione di Promozione Sociale Tenda per la Pace e i Diritti).
La visita non era stata precedentemente concordata con la Prefettura, in quanto aveva lo scopo di verificare la voce ufficiosa di un presunto pestaggio ai danni dei detenuti della struttura avvenuto la notte tra l'8 e il 9 agosto.
Un primo riscontro di quanto avvenuto è stato richiesto sia ai responsabili della Prefettura di Gorizia che a quelli della Questura: tutti hanno minimizzato l'accaduto, ammettendo che ci sono effettivamente stati alcuni disordini dovuti al rifiuto dei detenuti di rientrare nelle proprie stanze, nonostante l'ora tarda (erano circa le due di notte). Tale rifiuto appare piuttosto legittimo in quanto i detenuti si trovavano nei cortili su cui si affacciano le camerate, cortili che sono “protetti” da vetri antisfondamento ai lati e da una grata di ferro nella parte superiore, rendendo veramente difficile un possibile tentativo di fuga, ( in ogni caso sono certamente più freschi delle stanze). La volontà di rimanere fuori proprio quella notte deriva inoltre dalla ricorrenza della fine del Ramadan che, pure nella situazione di limitata mobilità che si trovano a subire, i detenuti speravano di poter festeggiare.
Al crescere della tensione per il mancato rientro dei detenuti nelle loro stanze, non è mancata la “puntuale” (in quanto già riscontrata in altre occasioni e già denunciata da Tenda per la Pace e i Diritti) risposta delle forze dell'ordine: i detenuti hanno consegnato sia all'onorevole Pellegrino che alla rappresentante di Tenda per la Pace e i Diritti due dei lacrimogeni lanciati per “sedare” la presunta rivolta in corso quella notte.
La presenza di almeno due persone con documentati problemi d'asma ha reso questa gestione della situazione ancora più problematica, perchè essendo lo spazio in cui è avvenuto il lancio di lacrimogeni molto piccolo (e in parte, come già detto, delimitato da vetri antisfondamento), l'aria si è resa pericolosamente irrespirabile in brevissimo tempo. In particolare una delle due persone incontrate, che fa uso di Ventolin per curare l'asma (documentata da alcune carte dell'Ospedale di Gorizia in data 18 e 30 luglio 2013), lamenta di essere svenuta per l'assenza d'aria durante “l'intervento” delle forze dell'ordine.
Molti detenuti hanno inoltre denunciato di aver ricevuto diversi colpi di manganello, alcuni lamentando (ed esibendo) fratture alle dita delle mani sommariamente fasciate nell'ambulatorio del centro. Durante gli scontri è stato sfondato uno dei vetri in plexiglass, che già ieri era stato prontamente sostituito.
E' quindi evidente che il tentativo di sminuire l'accaduto da parte delle forze dell'ordine contrasta con quanto visto (soprattutto visto) e ascoltato dalla delegazione in visita alla struttura.
Non si può inoltre tacere sul preoccupante (e già riscontrato durante la visita alla medesima struttura il 26 luglio) stato psico-fisico di chi si trova a scontare una detenzione non compresa e di cui non si conosce la durata: difficile trovare dei corpi che non siano ricoperti da ferite auto-inferte, un signore addirittura ne mostra una enorme ad altezza dello stomaco, “mi sono aperto perchè volevo strapparmi il cuore” dice; un ragazzo dallo sguardo completamente assente viene incitato dai compagni a mostrare il buco che si è provocato ad un lato della faccia, infilzandosi con una penna. Più di qualcuno mostra le foto dei figli avuti in Italia, è difficile trovare chi non parli la nostra lingua perchè quasi tutti si trovano sul nostro territorio da almeno dieci anni, quasi tutti hanno una famiglia qui. Famiglia con cui continua ad essere difficile comunicare, perchè a distanza di due settimane dal nostro ultimo ingresso nulla è cambiato: il divieto di possedere i cellulari, uno dei tanti provvedimenti che fanno di Gradisca un centro sui generis rispetto agli altri, continua a persistere. Continua a persistere la limitazione al movimento all'interno del centro, così che solo gruppi di tre o quattro persone possono uscire dalle “gabbie” per accedere all'area “ristoro” (dove si trovano i distributori automatici), i pasti continuano ad essere serviti in camera e la volontà di rendere questa detenzione conforme agli standard minimi di decenza e rispetto della persona continua ad apparire praticamente nulla.
Le stesse forze di polizia lamentano l'inutilità del prolungamento della detenzione a 18 mesi, ci viene confermato che diversi ospiti tra agosto e ottobre raggiungeranno questo limite, verranno rilasciati probabilmente con un foglio di via e senza essere identificati, dopo aver verificato sulla propria pelle (qualcuno per la seconda o terza volta) l'inefficacia e l'inumanità delle politiche migratorie di questo paese.